Pubblicazioni

financial, analysis, accounting-4560047.jpg

Come ormai noto, i procedimenti di separazione e di divorzio consensuali, di modifica sempre consensuale delle condizioni di separazione o divorzio (ove per parti devono intendersi i coniugi senza figli, coniugi con figli di minore età, coniugi con figli maggiorenni ma non ancora economicamente autosufficienti, coniugi con figli maggiorenni autonomi, coniugi con figli maggiorenni incapaci o con handicap grave), si possono attuare non più soltanto ed esclusivamente dinanzi ad una Autorità giudiziaria ma ormai da tempo anche tramite l’Istituto della Negoziazione Assistita introdotta con la Legge n. 162 del 10/11/2014.

Mai come in questo periodo storico caratterizzato da un rallentamento forzoso dell’attività giudiziaria causato dai ben conosciuti motivi derivanti dalla pandemia, i coniugi, cioè esclusivamente le parti unite in matrimonio, hanno ritenuto indispensabile usufruire di tale istituto che permette loro di addivenire con celerità ad un accordo fuori dalle aule del Tribunale con cui compongono bonariamente attraverso l’assistenza di Avvocati le proprie vicende personali evitando la lungaggine dei processi,i maggiori costi di gestione e l’eventuale disagio psicologico di dover presenziare dinanzi un giudice.

In tal modo infatti i coniugi possono ottenere la separazione o il divorzio semplicemente recandosi presso lo studio del proprio avvocato di fiducia che congiuntamente al legale della controparte, provvederà a redigere la convenzione.

L’accordo di negoziazione assistita firmato dalle parti e dai loro avvocati, sarà successivamente inviato alla Procura della Repubblica per il relativo vaglio ed all’ufficiale di stato civile per l’annotazione.

Ottenuto il nullaosta da parte della Procura, entro dieci giorni, gli avvocati trasmetteranno l’accordo all’ufficiale di stato civile del Comune nel quale il matrimonio era stato registrato.

Spesso i coniugi che decidono di procedere con il divorzio possono avere anche l’interesse già dalla separazione di dividersi le proprietà immobiliari.

Importante sapere che sono previste delle agevolazioni fiscali se le clausole di trasferimento della proprietà immobiliare vengono inserite negli accordi di separazione e divorzio.

Infatti la Legge n. 74 del 1987, all’Art. 19, prevede espressamente che: “Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui agli articoli 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa”

desk, people, money-44077.jpg

L’art. 1490 co. 1 del codice civile dispone che “il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendono inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore”.

La cosa venduta può essere definita “viziata” se il vizio ne impedisce il suo utilizzo e pertanto se non rispetti le caratteristiche della funzionalità e dell’utilità.

Una delle obbligazioni principali del venditore infatti consiste nel garantire il compratore dai vizi della cosa.

Per comprendere la disciplina dettata dal codice civile in materia, è opportuno prendere in considerazione il d.lgs. 6 settembre 2005 n. 206, (c.d. Codice del Consumo) e cioè quel Corpo normativo di riferimento in tema di tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti che raggruppa molteplici disposizioni emanate dall’Unione Europea relative alla protezione del Consumatore.

 Gli artt. 128 e ss. del Codice del Consumo fanno riferimento al “venditore professionista” e cioè a qualsiasi persona fisica o giuridica che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza  i contratti previsti dallo stesso decreto il quale ha l’obbligo di garantire il bene venduto per gli eventuali vizi e/o difetti rimborsando ad esempio il prezzo pagato, sostituendo, riparando o intervenendo altrimenti sul bene di consumo, qualora esso non corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità.

In forza poi dell’art. 1495 c.c., il compratore decade dal diritto alla garanzia se non denunzia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo il diverso termine stabilito dalle parti o dalla legge e deve esercitare l’azione entro un anno della consegna pena la prescrizione dell’azione stessa.

Il compratore pertanto entro il suddetto termine potrà agire per ottenere la risoluzione del contratto se la cosa consegnata è perita in conseguenza del vizio o la riduzione del prezzo nell’ipotesi di mancanza di qualità promesse ed essenziali.

In entrambe i casi il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno se non da’ la prova di aver ignorato senza sua colpa i vizi della cosa venduta e dovrà altresì risarcire i danni derivati dai vizi della cosa.

wallet, money, finance-3721156.jpg

In forza di quanto statuito dagli articoli 34 e 35 della Legge n. 392/78, (Equo Canone. Disciplina delle locazioni di immobili urbani Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 1978, n. 211 ) nel caso in cui l’attività esercitata dal conduttore all’interno del locale commerciale comporti contatti diretti con il pubblico di utenti e consumatori e nel caso in cui il proprietario dello stesso abbia inviato disdetta del contratto al conduttore, quest’ultimo ha diritto a vedersi riconosciuta l’indennità di avviamento. La ratio della previsione di tale diritto, laddove sussistano determinati presupposti, è quella di voler riequilibrare la posizione delle parti contraenti, al fine di evitare che il locatore possa realizzare un arricchimento senza causa dovuto all’incremento di valore dell’immobile conseguente all’esercizio di una attività commerciale da parte del conduttore. L’ordinamento ha riconosciuto all’indennità in questione, una funzione “riparatoria”, in quanto la stessa ha lo scopo di compensare quei disagi e quei costi che il conduttore  dovrà affrontare, una volta esercitato il recesso da parte del locatore, per la perdita del locale nel quale fino a quel momento ha esercitato quell’attività fondamentale per la propria azienda.  Il comma 1 dell’art. 34 della suddetta legge prevede che “in caso di cessazione del rapporto di locazione relativo agli immobili di cui all’articolo 27, che non sia causata dalla risoluzione del contratto per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o da una delle procedure previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il conduttore ha diritto, per le attività indicate ai numeri 1) e 2) dell’articolo 27, ad una indennità pari a 18 mensilità dell’ultimo canone corrisposto … “. Il diritto all’indennità per la perdita di avviamento sorge pertanto laddove vengano riscontrati alcuni e ben determinati presupposti: la sussistenza di una locazione commerciale; la destinazione dell’immobile locato ad attività industriali, commerciali, artigianali di interesse turistico e la circostanza che tali attività comportino “contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei consumatori” (cfr. sent. Cass. civ. n. 12884/2012). Dunque se il motivo della disdetta del contratto di locazione sia stato il mancato pagamento del canone locatizio, l’indennità di avviamento non è dovuta. Quest’ultima non è dovuta neanche nel caso in cui il rapporto di locazione sia cessato a causa di  disdetta o recesso esercitati dal conduttore.

home, divorce, relationship-3216701.jpg

In tema di validità e natura delle clausole dell’accordo di divorzio a domanda congiunta, o di separazione consensuale in materia di trasferimenti di beni immobili o mobili, le sezioni unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 21761 del 29.07.2021, a risoluzione di una questione di massima di notevole rilevanza, hanno affermato alcuni punti di diritto che è opportuno qui di seguito analizzare per avere un quadro più esaustivo in materia.

In primis le SSUU hanno confermato con tale sentenza, L’AMMISSIBILITÀ DEL TRASFERIMENTO MOBILIARE ED IMMOBILIARE PREVISTO  NEGLI ACCORDI DI SEPARAZIONE O DIVORZIO IN FAVORE DEI CONIUGI O DEI FIGLI, AL FINE DI ASSICURARNE IL LORO MANTENIMENTO precisando che: “del tutto incontroversa, nella giurisprudenza di questa Corte, è peraltro l’ammissibilità – sul piano generale, anche a prescindere dalla materia fiscale – della sola assunzione dell’obbligo di trasferire la proprietà di un bene, o altro diritto reale, con gli accordi di separazione o di divorzio. Sotto tale profilo, può anzi affermarsi che qualsiasi clausola che sia in grado di soddisfare gli interessi delle parti a regolare consensualmente – in quel particolare e delicato contesto costituito dalla crisi coniugale – gli aspetti economici della vicenda in atto, sia essa di mero accertamento della proprietà di un bene immobile, ovvero di cessione definitiva del bene stesso, o ancora di assunzione dell’obbligo di trasferirlo, è stata ritenuta egualmente ammissibile e valida dalla giurisprudenza di legittimità” .

Una volta affrontata la predetta questione poi, le SSUU HANNO VALUTATO LA POSSIBILITÀ ALTRESÌ CHE TALI ACCORDI SIANO IDONEI AL TRASFERIMENTO ED ALLA TRASCRIZIONE SENZA LA NECESSITÀ DEL PASSAGGIO TRAMITE ATTO NOTARILE giungendo alla conclusione che gli stessi devono essere ritenuti validi in quanto inseriti all’interno di un verbale di udienza e destinato a far fede di ciò che in esso è stato attestato;

Disponendo l’art. 2657 c.c. infatti che la trascrizione non si può eseguire se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente, ed assumendo tali accordi pertanto forma di atto pubblico ex art. 2699 c.c., ove gli stessi  implichino il trasferimento di diritti reali immobiliari, costituiscono, dopo la sentenza di divorzio ovvero dopo l’omologa della separazione, valido titolo per la trascrizione ex art. 2657 c.c., in quanto l’attestazione del cancelliere che le parti abbiano prodotto gli atti e rese le dichiarazioni di cui all’art. 29, comma 1-bis, della l. n. 52 del 1985 presuppone la validità dei suddetti trasferimenti.

La sentenza cosi continua: “gli incombenti relativi alla verifica della coincidenza dell’intestatario catastale con il soggetto risultante dai registri immobiliari – previsti dall’ultima parte dell’art. 29 della legge n. 52 del 1985 – ben possono, di conseguenza, essere eseguiti dall’ausiliario del giudice, sulla base della documentazione che le parti saranno tenute a produrre, se del caso mediante un protocollo che ciascun ufficio giudiziario potrà predisporre d’intesa con il locale Consiglio dell’ordine degli avvocati” ciò significando che il mancato compimento della verifica soggettiva circa l’intestatario catastale dei beni e la sua conformità con le risultanze dei registri immobiliari non produce la nullità del trasferimento stesso.

apartments, architecture, balconies-1845884.jpg

 Il Legislatore ha attribuito ad ogni singolo condomino importanti poteri all’interno del Condominio di cui fa parte e nel quale può concretamente svolgere un ruolo attivo sia nell’ambito delle proprie unità immobiliari esclusive, sia della gestione dei beni comuni.

I poteri dei condomini sono stati rafforzati a seguito della riforma del Condominio attuata con la Legge 11 dicembre 2012, n. 220 recante Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici” e tra tutti riveste un’importanza non indifferente la possibilità di esercitare il proprio diritto di informativa ex art. 1130 c.c. nei confronti dell’amministratore dello stabile chiedendo a quest’ultimo il rilascio di un’attestazione relativa allo stato dei pagamenti degli oneri condominiali e delle eventuali liti in corso per acquisire informazioni più dettagliate in merito alla complessiva condizione economica del condominio ed eventuali inadempimenti degli altri condomini sempre nel rispetto della normativa sulla privacy. 

Rilevano tra gli altri, inoltre, importanti poteri d’impulso del condomino tra cui il potere di chiedere all’autorità giudiziaria la nomina dell’amministratore in caso di inerzia dell’assemblea o diversamente la revoca in caso di mala gestio dello stesso ex art. 1129 c.c.

Ciascun condòmino ha altresì il diritto di  visionare la documentazione condominiale e chiederne copia a proprie spese, tra cui registri di anagrafe, i verbali delle assemblee, il registro di nomina e revoca dell’amministratore, il registro di contabilità nonché la rendicontazione periodica relativa al conto corrente ed infine può dissentire rispetto alla decisione dell’assemblea di promuovere una lite o resistere ad una domanda giudiziale al fine di esercitare, in caso di soccombenza, il diritto di rivalsa per ciò che lo stesso abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa (art. 1132 c.c.).

divorce, breakup, apart-6905533.jpg

Nell’ambito della regolamentazione dei rapporti definiti a seguito di un procedimento di separazione o divorzio si verifica purtroppo molto spesso l’impedimento da parte di uno dei genitori allo svolgimento delle regolari visite ai figli statuite in favore dell’altro con conseguente violazione dei provvedimenti emanati dal Giudice.

Tali comportamenti che possono essere costituiti da rifiuti manifesti o da influenze subdole e sottili da parte del genitore collocatario, che nella maggior parte delle ipotesi è la madre, ledono il diritto dei figli di frequentare il padre con danni morali non indifferenti conseguenti al serio pregiudizio per una crescita sana ed equilibrata con il forte rischio di distaccamento e sentimenti ostili nei confronti del genitore non collocatario.

Importante in questi casi è stato l’intervento della Corte di Cassazione la quale ha stabilito il principio del risarcimento del danno non patrimoniale in favore del genitore al quale è impedito per qualsiasi motivo il diritto di visita nei confronti dei figli e la possibilità di revoca dell’affidamento condiviso che ad oggi è legge.

Nel caso in cui il comportamento del coniuge sia volto altresì a screditare la figura dell’altro agli occhi dei figli,  si è cominciato a parlare della c.d. “PAS” ossia la sindrome di alienazione genitoriale in presenza della quale potrebbe essere disattesto l’affidamento condiviso in favore di quello esclusivo a favore dell’altro genitore.

Il suddetto ostruzionismo finalizzato a impedire all’altro genitore le regolari visite ai figli poiché lede il suo diritto di  mantenere un rapporto con loro ed è sanzionato sia a livello civile che penale purché sia continuato nel tempo e non supportato da validi motivi.

Tale condotta ostruzionistica  costituisce reato ex art. 388 c.p. “Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del Giudice” in quanto elude scientemente con qualsiasi mezzo il contenuto del provvedimento giudiziale riguardante le modalità in cui deve manifestarsi il diritto di visita.

Dal punto di vista civile invece in caso di rifiuto al diritto di visita è prevista la possibilità di instaurare un procedimento dinanzi a la Tribunale competente al fine dell’emissione di un provvedimento per la cessazione dell’indebito comportamento che rappresenta una grave inadempimento e arreca pregiudizio al minore e in casi più gravi è prevista anche la possibilità di modifica del regime di affidamento che da condiviso potrebbe diventare esclusivo.

Per tutti i casi  poi in cui, dopo l’emissione della sentenza, la parte soccombente non adempie all’ordine del Giudic, è previsto altresì un risarcimento pecuniario per ogni giorno di violazione, una c.d. penale giornaliera a carico di quel genitore che continui ad ostacolare i rapporti dell’ex coniuge col figlio minore, deterrente questa per evitare l’ammonimento di atteggiamenti ostativi rispetto ai rapporti fra l’altro genitore e il minore.